San Riccardo Pampuri (1897-1930)
(FONTI: www.santiebeati.it, www.tempi.it, www.arsmilitaris.org)
La giovinezza e gli studi
Erminio Filippo Pampuri, nella vita religiosa frà Riccardo, nasce decimo di undici figli il 2 agosto 1897 a Trivolzio (Pavia) da Innocenzo e Angela Campari, e viene battezzato il giorno seguente. Orfano di madre a tre anni, viene accolto dagli zii materni a Torrino, frazione di Trivolzio. Nel 1907 a Milano gli muore il padre. Cresce quindi in casa degli zii, con il benefico influsso dello zio Carlo, medico, uomo di Dio e apostolo. Al termine delle scuole elementari in due paesi vicini, frequenta la prima ginnasio al Liceo Manzoni di Milano, professando la sua fede a viso aperto tra i compagni e professori. In seguito, è alunno interno nel Collegio Sant’Agostino di Pavia. Dopo gli studi liceali, al momento della scelta della professione, seguendo l’esempio dello zio si iscrive a Medicina all’università di Pavia. Qui partecipa alle attività del Circolo Cattolico Severino Boezio, coinvolgendo nel suo apostolato altri giovani studenti. Un giorno, durante una sollevazione studentesca, erano stati uccisi due universitari. Erminio Pampuri fu il solo ad avvicinarsi ai loro cadaveri per pregare, rispettato dai tiratori, profondamente toccati dal suo coraggio e dalla sua fede. Il suo assistente ecclesiastico, Mons. Ballerini, dirà: “Al Circolo portò più soci lui con il suo esempio e la sua vita intemerata che non tutte le conferenze e i mezzi di propaganda, compreso il suo interessamento personale”.
La guerra
Allo scoppio della Prima guerra mondiale viene chiamato alle armi e presta servizio come nel servizio sanitario di un reparto di fanteria, prodigandosi con dedizione con i soldati feriti. Il 24 ottobre 1917 austriaci e tedeschi sferrano una offensiva contro le linee della 2ª Armata italiana sulla linea tra Tolmino e Caporetto (l’odierna Kobarid) che si trasforma nella più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano e con il ripiegamento dell’esercito italiano fino al fiume Piave. Durante la ritirata Erminio recupera un carro trainato da una coppia di buoi e per 24 ore, sotto la pioggia battente, pone in salvo il materiale sanitario necessario per curare i soldati feriti. Questo gesto gli frutta la promozione a sergente, la medaglia di bronzo al valore, una licenza premio, e una brutta pleurite, dalla quale non si riprenderà mai del tutto. Mentre si trova al fronte sente sempre più forte la chiamata di Dio, tanto che quando non è in servizio si raccoglie per ore in preghiera. Nel 1918 riprende gli studi e nel 1920 si congeda con il grado di sottotenente. Il 6 luglio 1921 si laurea in medicina con il massimo dei voti.
Dopo la festa di laurea scrive: “Tornai a casa con le idee più chiare sul mio futuro: avrei dedicato la mia esistenza agli altri, avrei sacrificato me stesso per salvare più vite possibili, e ora voglio trasformare l’esercizio dell’arte medica in missione di carità”
Medico condotto a Morimondo
Nel 1921, a 24 anni, è medico condotto a Morimondo (Milano), 1800 abitanti sparsi in cascinali di campagna, con strade malagevoli nella pianura milanese. Si stabilisce in un umile alloggio vicino alla chiesa parrocchiale. Ogni mattina, prestissimo, partecipa alla Messa con la Comunione e in ogni attimo di libertà vi cerca respiro davanti al Tabernacolo dove Gesù lo attira e gli dà forza.
Sovente è chiamato di notte presso i malati. Il “dottorino”, come viene soprannominato, accorre e indugia a lungo presso di loro. Competente, disponibile, spesso non accetta nulla come onorario: è lui stesso che porta i medicinali ed il denaro necessario alle famiglie più povere. Al mattino, dopo la Messa, fa ambulatorio in casa, poi riprende le visite: a piedi o sul calesse, d’estate e d’inverno, sotto il sole cocente o sotto la neve. Alcuni gli dicono: «Dottore, quando pensa a sé?». Risponde alzando le spalle e raccomandando di chiamarlo a qualsiasi ora del giorno e della notte, perché lui è lì per servire i malati, gli anziani, i bambini, coloro che in qualunque modo hanno bisogno. Porta con sé la corona del Rosario e prega la Madonna di sostenerlo e di illuminarlo.
Alcuni colleghi medici vengono per consultarlo per i casi più difficili, con una stima grandissima per lui e la sua estrema professionalità.
Scopre che a Morimondo e dintorni ci sono tanti giovani, spesso poco aiutati nella loro formazione. Il medico ha pochi anni più di loro e si tiene aggiornato su tutti i problemi della vita, della società, della Chiesa. Si ferma a parlare con i giovani, li raduna attorno a sé, meglio attorno a Gesù, nella parrocchia. Con il suo ascendente li istruisce nella fede e li guida a vivere il Vangelo, più con il suo esempio che con la parola. La vita a Morimondo cambia: il parroco si trova la chiesa piena di giovani alla Messa festiva e all’adorazione eucaristica, molti impegnati nell’Azione Cattolica e per le missioni. Ha fatto tutto il giovanissimo dottor Pampuri. Alcuni dei suoi ragazzi maturano la vocazione sacerdotale e religiosa.
La vocazione religiosa
Nel 1927, a 30 anni, entra come novizio dei Fatebenefratelli, l’Ordine Ospedaliero fondato da San Giovanni di Dio nel 1537 per l’assistenza agli infermi. Il suo gesto suscita enorme scalpore: anche i giornali (tra cui il Corriere della Sera) ne parlano.
Il 21 ottobre 1927, riceve l’umile saio di “fratello” e comincia il noviziato: umile, semplice, sottomesso, come tutti gli altri, nella casa religiosa di Brescia. Prende il nome di fra’ Riccardo.
Medico prestigioso, accetta i servizi più umili all’ospedale dei Fatebenefratelli, ma chiamato dall’obbedienza o dalle necessità, visita i malati e li cura con la sua scienza: stupisce tutti, confratelli, malati, quelli che lo vedono e presto scoprono la sua vera identità. A volte sostituisce anche il primario, ma subito dopo prende la scopa in mano, come se fosse l’ultimo della casa, canticchiando sottovoce, con la gioia di appartenere a Dio solo.
Il 28 ottobre 1928, si offre a Dio mediante i santi voti di povertà, castità e obbedienza e scrive: «Voglio servirti mio Dio, per l’avvenire, con perseveranza e amore sommo: nei miei superiori, nei confratelli, nei malati tuoi prediletti; dammi grazia di servirli come servissi Te».
Gli viene affidato il laboratorio dentistico di Via Moretto, annesso all’ospedale. Fra Riccardo è un semplice religioso, ma è anche un grande medico: la voce si diffonde e sempre più persone, attirate dalla sua bontà e dalla sua scienza, vengono a cercarlo e si rivolgono a lui con una fiducia che si diffonde in Brescia come un contagio. Le mamme gli portano i bambini perché li curi e li benedica: risponde promettendo la sua preghiera quotidiana per loro alla Madonna. Nella sua semplicità, si sente quasi umiliato quando diversi medici vengono ad interpellarlo, perché “il dottorino sotto il saio di religioso è un santo e può molto”. A poco più di 30 anni gode fama di santità.
Il connubio tra frate e medico sembra cozzare: fede e scienza apparentemente non vanno d’accordo. Ma la sua tesi è che non esiste alcun contrasto fra le verità della scienza e quelle della fede: le contraddizioni sono apparenti e spesso sono dovute alla scarsa conoscenza.
La malattia e la morte
Nella primavera del 1920 la sua salute peggiora. Lo vedono sempre correre, con il sorriso sulle labbra e cantando sottovoce inni alla Madonna, a San Giovanni di Dio e agli Angeli, con le mani sotto lo scapolare, tenendo sempre la corona fra le dita. Spiega: “Questa è la mia arma prediletta, con la corona il demonio fugge”.
A causa dei disturbi respiratori che risalgono al tempo della guerra la sua salute peggiora progressivamente. Per sollevarlo i superiori, oltre alle cure, lo invitano ad un viaggio fra le case di Venezia, Gorizia e Postumia. Ma più che alla sua salute questo servirà a far dilagare tra i confratelli, che lo conoscono per sentito dire, la sua fama di santità.
La pleurite degenera in tubercolosi, ed i parenti lo vogliono avere vicino. Il 18 aprile 1930 Viene assegnato alla casa di Via San Vittore all’Ospedale del Fatebenefratelli di Milano. Viene la sorella Rita ad assisterlo. Con la gioia in volto, le dice: “Se il Signore mi lascia, sto qui volentieri, se mi toglie, vado volentieri da Lui”. Il giorno prima di morire dice al nipote Alessandro: “Sono contento di andarmene. L’idea del paradiso mi affascina e mi sto preparando come un uomo che sta per convolare a nozze”. Riceve i sacramenti, lucido e ardente.
Muore il 1° maggio 1930, all’inizio del mese della Madonna alla Quale aveva affidato fin da bambino gli studi, il lavoro, la vita e la morte. Ha solo 33 anni. Il 4 maggio ne vengono celebrate le esequie da quel Don Riccardo Beretta di cui aveva scelto il nome. Sepolto a Trivolzio, il suo corpo viene in seguito traslato nella Chiesa Parrocchiale dei Santi Cornelio e Cipriano.
La beatificazione e la canonizzazione
Già pochi anni dopo la sua morte si cominciano a diffondere notizie di guarigioni improvvise e inspiegabili per la scienza avvenuti a quanti si affidavano a lui. Il 1° aprile 1949 Il cardinale arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster apre il processo di canonizzazione. I pellegrinaggi alla tomba di San Riccardo, nel piccolo cimitero del paese natale di Trivolzio si moltiplicano. Contemporaneamente si verificano le due guarigioni più significative: a Gorizia, nel 1952, e a Milano nel 1959, entrambe mentre i malati erano degenti negli ospedali gestiti dai Fatebenefratelli.
Il processo di beatificazione arriva a conclusione e il 4 ottobre 1981Riccardo Pampuri viene beatificato da Giovanni Paolo II. L’anno successivo, nel 1982, la scienza riconosce il miracolo che condurrà alla sua canonizzazione.
Ad Alcadozo, un paesino spagnolo della sierra di Albacete, vive Manuel Cifuentes, un ragazzino di dieci anni. Mentre sta aiutando suo padre a lavorare nell’orto di casa va a sbattere contro un ramo di mandorlo, che si conficca nell’occhio sinistro. Il padre decide di portare il ragazzo dal medico condotto, che dopo aver bendato l’occhio ferito, lo manda da uno specialista ad Albacete. Il dottor Juan Ramon Perez conferma la gravità della ferita, prescrive i medicinali e prospetta un delicato intervento chirurgico. Tornato a casa, il dolore all’occhio è fortissimo, e Manuel non riesce a dormire. Il padre Manuel, Cecilio, è molto religioso. Stranamente si ricorda di avere un’immaginetta di un santo italiano, un certo Riccardo Pampuri, del quale la famiglia Cifuentes non conosce la storia. con una placchetta metallica con una scritta latina “Ex indumentis Servi Dei Fra Richardi Pampuri”. È un frammento di saio. Cecilio non sa chi sia questo frate ma quella è una reliquia, dunque deve trattarsi di un santo. La famiglia Cifuentes è ignara del fatto che Pampuri non è stato ancora proclamato santo, ma solo beato, e soltanto qualche mese prima. Cecilio spiega a Manuel di che si tratta e lo invita a pregare con lui. Poi decide di inserire l’immaginetta tra l’occhio ferito e la benda.
Manuel finalmente riesce ad addormentarsi. La mattina successiva, al risveglio, Cecilio si accorge che l’occhio di Manuel non presentava più segni di ferite. La notizia si diffonde presto in tutta la Spagna ed in Italia, aprendo la via al processo di canonizzazione. Il miracolo della guarigione dell’occhio viene confermato nell’aprile 1988 dalla Consulta Medica presso la Congregazione per le cause dei Santi, con questa conclusione: “Guarigione estremamente rapida, completa e duratura, non spiegabile in base alle conoscenze mediche”. Il 1° novembre 1989, la famiglia Cifuentes è davanti a papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro, nel giorno della proclamazione alla santità di Riccardo Pampuri, che il Papa ricorda con queste parole: “La vita breve, ma intensa, di fra’ Riccardo Pampuri è uno sprone per i giovani, i religiosi, per i medici, a vivere coraggiosamente la Fede cristiana nell’umiltà e sempre nell’amore gioioso per i fratelli bisognosi”.
San Riccardo Pampuri oggi
Oggi san Riccardo Pampuri è custodito e venerato nella cappella a lui dedicata nella chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Cornelio e Cipriano a Trivolzio. Il luogo, proclamato santuario nel 2021, è meta incessante di pellegrini.
E’ uno dei santi più invocati da chi vive l’esperienza educativa del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione. Don Luigi Giussani non smise mai di invitare alla sua intercessione, chiedendo ai tanti amici del movimento di pregare ogni giorno con un “Gloria” il santo di Trivolzio.
San Riccardo Pampuri è venerato in molti paesi: Italia, Spagna, Africa, Sud America, e in alcune città degli Stati Uniti, grazie alla devozione di alcuni italiani che vi si sono trasferiti.
A San Riccardo Pampuri sono intitolati il centro educativo della Fondazione Monserrate a Bogotà (Colombia), fondato nel 1994 (scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria, attività di sostegno medico-alimentare per le fasce più povere della popolazione), la clinica per malati terminali di Asuncion (Paraguay) fondata da Padre Aldo Trento nel 2004, la San Ricardo Pampuri Primary School di Mutuati (nord del Kenya) fondata e avviata nel 2009 da un insegnante, Cyprian Kaliunga, che oggi ne è preside, e sostenuta da AVSI.