Il pellegrinaggio nella tradizione cristiana

“Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra…” Con queste parole, poste dopo la consacrazione, la liturgia della Chiesa ci ricorda che la dimensione del pellegrinaggio è propria della vita di ogni cristiano. Il gesto del pellegrinaggio, che nella tradizione cristiana ogni fedele è tenuto a compiere almeno una volta nella vita, non è dunque che l’espressione contingente di un sentimento di sé che siamo chiamati a vivere in ogni gesto della nostra esistenza.

Perché la Chiesa considera che in questo gesto convergano tutte le caratteristiche di una esistenza pienamente cristiana? La risposta a questa domanda non può essere solo sul piano dottrinale, ma attinge all’esperienza di milioni di pellegrini, uomini e donne di ogni età, che in tempi di pace e di guerra in ogni stagione, nei secoli, hanno percorso itinerari di giorni, di mesi come di anni, per giungere ai luoghi nei quali la tradizione segnava una presenza, un fatto, segni attraverso i quali  Dio faceva dono agli uomini di una manifestazione particolare del Suo amore per loro. Ecco allora alcuni elementi propri della tradizione del pellegrinaggio cristiano, così come li riceviamo dalle fonti letterarie, storiche ed artistiche.  In molti casi le circostanze in cui si muove il pellegrino di oggi sono diverse, ma identico rimane il valore dei segni.

Prima di partire il pellegrino fa testamento. Perché la possibilità di non tornare è reale, certo, ma anche per testimoniare il suo “morire al mondo”, ed il suo affidarsi interamente alla misericordia di Dio. Il pellegrino ha un abbigliamento proprio, che lo rende riconoscibile. Tra gli accessori, due hanno un valore particolare. Il bastone serve per difendersi dai pericoli, lupi o briganti che siano, e insieme è simbolo della lotta contro la tentazione, che può prendere la forma della distrazione e dello sconforto. La bisaccia è piccola, per non appesantire il già faticoso cammino, e per ricordarsi ad ogni passo che il Signore provvede al fabbisogno quotidiano.

La decisione di partire è una decisione personale, il più delle volte il pellegrino parte da solo, ma lungo il cammino incontra altri come lui, e sperimenta una compagnia che lo sostiene nella fatica. Oltre ai compagni di cammino, è chiamato ad incontrare il più grande popolo dei santi, dei personaggi del nuovo e dell’antico testamento, che gli parlano dai portali, dagli affreschi, dalle statue che incontra lungo il percorso. Il pellegrinaggio diviene un gesto fatto insieme a tutta la Chiesa, militante e trionfante.

La lentezza del cammino rende possibile gustare di più le bellezze della natura come dei segni dell’uomo, e rinnova ogni giorno lo stupore davanti alla realtà.

L’esperienza del pellegrinaggio è una esperienza di fatica fisica. Le croci che numerose si incontrano lungo gli itinerari, ai bivi, sulle case, nelle chiese, sui ponti, rinnovano il richiamo al significato della fatica personale, invitano alla preghiera ed alla offerta di sé.

Lungo il percorso è frequente passare per luoghi nei quali un santo è venerato, in virtù di qualche miracolo da lui compiuto. Cresce così nei giorni la familiarità con l’esperienza della santità e del miracolo, diventano cose possibili oggi perché accadute, testimoniate. E questa familiarità apre al riconoscimento del frutto vero del pellegrinaggio, il cambiamento di sé, che il pellegrino è chiamato a riconoscere giungendo alla sua meta.

Il punto di arrivo di ogni pellegrinaggio è così l’offerta e il ringraziamento. Come il punto di arrivo di ogni vita cristiana, che passa attraverso la lotta e la carità, la solitudine e la compagnia, lo stupore e la fatica, per arrivare a sperimentare, per la misericordia di Dio, il cambiamento di sé. Per questo il gesto del pellegrinaggio è emblematico della vita della Chiesa e di ognuno di noi.